Nel 1996, su invito del Reverendo Giulio Greco, l’artista americano Dan Flavin (New York 1933-1996) ideò un’opera come elemento centrale del restauro e rinnovamento della chiesa parrocchiale progettata da Giovanni Muzio negli anni ’30. Un anno dopo – in occasione della mostra dedicata all’artista – la Fondazione Prada realizzò il progetto postumo di S. Maria Annunciata in Chiesa Rossa, a Milano, con la collaborazione del Dia Center for the Arts di New York e del Dan Flavin Estate.
L’opera site-specific Untitled, in luce verde, blu, rosa, dorata e ultravioletta permea l’intero volume della chiesa e accompagna il visitatore: percorrendo lo spazio dall’ingresso, la successione cromatica del trattamento della navata, del transetto e dell’abside suggerisce la progressione naturale della luce in notte – alba – giorno.
Dan Flavin è conosciuto per i suoi lavori di luce sotto forma di tubi a fluorescenza, spesso posti in relazione ad un contesto architettonico specifico, evidenziandone la struttura, le sue contraddizioni e metamorfosi. Il suo approccio essenziale, il ristretto vocabolario di forma e colore utilizzato, la quasi scientifica ingegnosità della sua scoperta di un’arte della luce hanno imposto l’artista come progenitore e principale esponente del Minimalismo.
Dai primi anni sessanta Dan Flavin intraprende una ricerca sistematica dell’arte in relazione a fonti reali di luce: i moduli base dei suoi lavori sono i tubi al neon fluorescenti di produzione industriale, articolati in combinazioni semplici e simmetriche. In diretto riferimento allo spirito del ready-made, il neon viene assunto come unità base da articolare in composizioni potenzialmente infinite.
Dan Flavin conosceva in maniera approfondita la teologia e la storia dell’arte e aveva nuove prospettive su entrambe le tradizioni. Non è casuale che la carriera di Flavin nell’arte della luce sia cominciata con le “icone” – dipinti quadrati monocromi con attaccati apparecchi per l’illuminazione e lampadine – e sia terminata con un progetto per l’interno di una chiesa, sebbene l’artista non abbia mai consentito alcuna interpretazione simbolica o spirituale del proprio lavoro.