“Finite Rants” è un progetto on-line della Fondazione Prada curato da Luigi Alberto Cippini e Niccolò Gravina, costituito da una serie di saggi visuali proposti a ritmo mensile e commissionati da Fondazione Prada a cineasti, artisti, intellettuali e studiosi.
Gli autori coinvolti a oggi sono il regista e scrittore tedesco Alexander Kluge, il fotografo giapponese Satoshi Fujiwara, il regista francese Bertrand Bonello, il regista e attore americano Brady Corbet, l’economista svizzero Christian Marazzi, il regista argentino Eduardo Williams, i registi francesi Caroline Poggi e Jonathan Vinel, REMEMBER, lo scrittore e critico Shumon Basar e la fotografa Alessia Gunawan, la professoressa e studiosa nell’ambito dell’intelligenza artificiale Kate Crawford e l’architetto Elizabeth Diller.
Come sostiene il regista d’avanguardia Hans Richter nel 1940, il film o video saggio è una forma espressiva capace di creare “immagini per nozioni mentali” e di “ritrarre concetti”. Partendo dalle idee di Richter, alcuni teorici successivi individuano dei tratti specifici nel video essay, come la libertà creativa, la complessità, la riflessività, l’attraversamento dei generi cinematografici e la trasgressione delle convenzioni linguistiche. “Finite Rants” intende testare la versatilità del saggio visuale nell’esprimere il pensiero attraverso le immagini e dimostrare la sua attualità nella produzione visiva contemporanea.
Le radici estetiche e teoriche di “Finite Rants” sono rintracciabili nell’opera La Jetée (1962) dell’autore francese Chris Marker. Definita dal suo creatore “photo-roman”, La Jetée è descritta dalla voce narrante presente nel cortometraggio come “la storia di un uomo ossessionato da un’immagine della sua infanzia”. Ambientato in una Parigi immaginaria quasi cancellata da un futuro olocausto nucleare, questo film distopico, intimo e teorico esprime la propria distanza da successive sperimentazioni narrative, integrando in una forma ibrida fantascienza e oscura introspezione psicologica, eliminando ogni concezione di spazio e tempo svincolandosi dalla forma generalmente considerata compiuta. Gli autori di “Finite Rants” sono quindi stimolati a confrontarsi con un modello radicale di sperimentazione cinematografica come La Jetée, un racconto frammentario e dispersivo, costituito da un’unica breve sequenza filmica e una successione di fotogrammi statici, che mette in discussione l’idea stessa di cinema, inteso come un insieme di immagini in movimento.
A seguito di un processo di collaborazione creativa tra gli autori e Fondazione Prada, i contributi visivi ospitati in “Finite Rants” analizzano questioni sociali, politiche e culturali emerse nel nostro presente e normalmente affrontate dai mezzi d’informazione con un approccio documentaristico. Attraverso la realizzazione, il montaggio e la post-produzione di immagini e materiali visivi grezzi, eterogenei e di diversa provenienza, gli autori sono in grado di esprimere visioni e poetiche personali che coinvolgono lo spettatore in un ruolo attivo e riflessivo.
WEREWOLVES PLAYOFFS
Satoshi Fujiwara, Alexander Kluge
Una sublimazione di intenti e di violenza repressa, di salti ossessivi e di mitomania, senza una preghiera mirata. Satoshi Fujiwara elabora contenuti politici assemblati e provenienti dai video creati da Alexander Kluge nel vortice della democrazia a immagini miste, video di cospirazione. Il risultato è un saggio sul sovradosaggio e l’ossessione per i pensieri collettivi e i personaggi politici, una scatola nera ricoperta di traumi politici recenti.
Montaggio e colonna sonora: Francesco Tosini.
OÙ EN ÊTES-VOUS? (NUMÉR0 2)
Bertrand Bonello
Il regista Betrand Bonello rielabora gli ultimi minuti della sua pellicola del 2016 Nocturama che documenta le operazioni logistiche e l’organizzazione di attentati terroristici a Parigi da parte di un gruppo di adolescenti. Il progetto si configura come un ideale intervento di sfida ai canoni del cinema d’essai, vero e proprio genere e soglia produttiva dell’industria cinematografica francese. A partire da Où en êtes-vous?, video commissionato dal Centre Pompidou nel 2014 e pensato come una lettera rivolta alla figlia allora undicenne, il regista realizza un nuovo lavoro alterando la sequenza finale di Nocturama e modificando completamente la componente testuale e la colonna sonora.
[Con la gentile autorizzazione di Rectangle Productions]
Attenzione: questo video contiene immagini che potrebbero urtare la sensibilità di alcuni utenti
RE-MESH
Christian Marazzi
All’interno di un’immaginaria trasmissione informativa paneuropea Christian Marazzi, integrando diverse discipline come la linguistica, la psicologia e la sociologia, affronta temi legati ai risvolti economici, finanziari e sociali dell’attuale emergenza sanitaria, come la gestione dei debiti pubblici e privati, le oscillazioni dei mercati finanziari, la natura delle nuove forme di potere e i conflitti sociali.
Nel suo saggio visuale “Re-Mesh” la voce sintetica innesca una narrazione visiva che perverte, deforma e frantuma le forme che danno corpo all’immaginario mediatico collettivo, oltre alle rappresentazioni grafiche degli andamenti economici e le relative metodologie di lettura dei dati che influenzano il dibattito economico e le scelte politiche.
La sperimentazione che emerge dalle visualizzazioni genera una variazione continua di relazioni con diverse forme di pensiero, accogliendo contenuti estranei ai circuiti cinematografici ufficiali, includendo quindi direttamente le fonti di ispirazione per gli standard futuri di elaborazione visiva attraverso l’appropriazione e la deflagrazione delle logiche contemporanee della memetica, in direzione di una visione collettiva capace di svelare le concatenazioni tra i fenomeni.
Video e colonna sonora: Francesco Tosini
Leggi l’intervista a Christian Marazzi
CENSORSHIP SKIT 13’40”
;’’´`~..__ :3
Eduardo Williams
La censura oggi ha perso in buona misura la sua natura intrinsecamente esplicita. La massa di materiali visivi provenienti da diverse piattaforme sovrapposte, che occupa la maggior parte della memoria dei nostri PC, costituisce un flusso costante di materiali video indistinti, una sorta di playlist senza fine che è una parte della nostra vita di cui tendiamo a non parlare.
L’accumulazione di questi materiali, nei quali ciò che non si esplicita si fonde con contenuti violenti, di cronaca o per adulti, determina la necessità collettiva di avvalersi di una palette ingegnerizzata di consuetudini morali. La censura non è scomparsa, ma si è sottilmente diffusa, lasciando la gestione delle occasionali incursioni di violenza visiva alle routine degli utenti delle piattaforme web.
Eduardo Williams ha realizzato un video di 13’40’’ scaricando ed editando le performances di due giovani camboy, riprendendo un gatto che uccide e mangia un topo e registrando nel fiume artificiale Eisbach di Monaco di Baviera una serie di cadute di surfisti che evocano contemporaneamente, in una sorta di dualismo, i temi del gioco e del divertimento e scenari oscuri e di morte, come una sorta di testamento per la libertà di produzione visiva contemporanea.
Nella prima versione del video, caricata su Vimeo con il titolo composto dalla sequenza di segni ;’’´`~..__ :3 , la parte introduttiva e quella finale funzionano come emoji in relazione alla scena centrale, come segni più brevi che cambiano il significato o il tono della frase principale. Il regista documenta una presenza non-umana nel contesto urbano, ponendo implicitamente una serie di domande sulle nostre abitudini morali e percettive attraverso il possibile shock o disgusto che questa può generare in alcune persone, o all’opposto fascino e curiosità in altre.
La necessità di eliminare le scene considerate oggi per alcune persone difficilmente accettabili, invita gli utenti a riflettere sull’urgenza di sfidare le abitudini morali ed estetiche che si stanno diffondendo nel web.
Video editing: Francesco Tosini
BÉBÉ COLÈRE
Caroline Poggi, Jonathan Vinel
La parte migliore della produzione cinematografica contemporanea è composta da sequenze di immagini IRL, la cui presenza è diventata un elemento cardine nella progressiva affermazione di un resoconto pregnante di ciò che la realtà significa. Le immagini acquisite in movimento sono state progressivamente contaminate dalla post-produzione e dai dettagli CGI che rendono i “film” sempre più vicini a un puro processo di ingegneria.
L’avvento delle tecnologie di imaging in computer grafica ha inondato la produzione cinematografica tradizionale con gli incassi dei blockbuster garantiti dalle produzioni degli studi di animazione, diluendo le fantasie realizzate in modo puramente digitale e trasformandole in un filtro di perfezione chimicamente indotto applicabile a quasi ogni cosa.
Con Fantasmagorie (1908) Èmile Cohl ha introdotto l’animazione come iniziativa errante, nella quale la navigazione negli spazi e l’incontro con gli oggetti rappresentavano il compito principale per il protagonista. Un innocuo omino stilizzato che precedeva, e in un certo senso predeterminava, le strutture pre-rendering dei personaggi animati. Bébé Colère è l’ultima indagine di Caroline Poggi e Jonathan Vinel sulle strutture mediatiche del cinema contemporaneo. Un bambino animato in CGI si confronta con l’adattamento a una soggettività contemporanea e con i problemi dello sviluppo psicologico, rendendo l’animazione un cupo strumento di sottomissione dei sentimenti tipici della narrativa moderna in favore della disperazione o della speranza a piccole dosi. Le routine dell’animazione e il facile ritratto della desolazione sono strategicamente organizzate come un oscuro Dark Toon.
I’VE SEEN THIS BEFORE
Remember
È necessario un notevole sforzo per scoprire i misteri e i momenti di evasione e bellezza effimera nascosti negli scenari urbani, attraversati durante i percorsi che scandiscono le nostre routine quotidiane.
Il saggio visuale I’ve Seen This Before è un flusso di annotazioni visive personali e digitali che si compone di concatenazioni leggere e intricate, un sistema dinamico di frammenti di realtà catturati soprattutto nel tragitto quotidiano dell’autrice Remember lungo la périphérique, l’anello stradale che circonda Parigi, separandola simbolicamente dall’esterno e rendendola metaforicamente una città sotto assedio.
Attraverso incontri accidentali, frammenti di conversazioni, visioni urbane catturate voyeuristicamente, immagini di sorveglianza, fraintendimenti linguistici umoristici e poetici, l’autrice costruisce un flusso di realtà in cui la dialettica tra l’essere spettatori e il prendere parte alla scena è fluida. I suoi occhi diventano i nostri, in uno scontro di linguaggi che investe la stratificazione letteraria, la prospettiva filosofica, la cultura visiva, la danza e la sfera musicale.
L’effetto di realtà scaturisce dall’impossibilità di cogliere in una sola volta tutti gli elementi della scena, oltre che dalla programmazione tecnologica di coincidenze che, per definizione imprevedibili, danzano insieme rendendo il lavoro di montaggio assimilabile a una pratica coreografica.
SEASON ENDING (THE DAY OF FOREVER)
Shumon Basar
“Composto di resti di screenshot e dati imbrattati, Season Ending è un ritratto del paesaggio contemporaneo, in cui la fantascienza è solo tardo realismo. È la storia di Mia e Abdallah, l’ultima coppia, nell’ultima notte di sempre. La fine della storia è andata e venuta. Da allora, è il giorno senza fine. I finali possono offrire una promessa di salvezza, di redenzione, persino di libertà. Così, ci raccontiamo i finali per vivere, per evitare che accadano davvero. Cosa viene dopo? Andrà tutto bene?” — Shumon Basar
Dissolvendo i limiti della forma saggistica nella narrativa, e disorientando il racconto attraverso una rivelazione poetica e tecnologica, Basar esprime una visione personale delle ossessioni collettive sui recenti traumi biopolitici planetari. Emerge così una fascinazione per le catastrofi di massa, reali o immaginarie, dove inizio e fine coincidono. Attingendo al proprio archivio personale e assimilando i motivi-chiave del percorso di Finite Rants, Season Ending è anche un’ulteriore sperimentazione sulla possibilità di riorganizzare l’eccedenza visiva che invade i canali informativi attraverso la corruzione e l’accelerazione di materiali seducenti ma destinati a un’imminente normalizzazione. Il risultato è l’espressione, per immagini, di un prodotto autoriale scaturito dal linguaggio verbale, attraverso la trasformazione di materiali virali che si sottraggono a uno schema di riconoscibilità.
Il disgregarsi della narrazione corrisponde al venir meno dalla memoria. Come in un’amnesia, non riusciamo a ricordare la sequenza degli eventi che ha condotto i protagonisti alla fine; possiamo solo percepirne la presenza frammentaria. L’ossessione per il futuro è sempre angosciosa? Siamo finalmente liberi quando il futuro è passato?
Video editing Francesco Tosini
Colonna sonora: Amnesia Scanner AS U WILL BE FINE
POINT ZERO
Alessia Gunawan
L’isolamento agisce generalmente come un processo terapeutico imposto o autocosciente, venendo a patti con la solitudine, riducendo gli echi ed espandendo gli ambienti come fossero stati mentali solidi. I singoli corpi e i loro movimenti negli attuali complessi urbanizzati sono indissociabili dalle politiche di controllo emergenti e dalla caratterizzazione guidata dal sospetto, dalle paure di gruppo e dall’appartenenza di classe.
Point Zero di Alessia Gunawan è un’analisi della spettralità come forza motrice dell’appartenenza individuale, o della disgregazione dell’identità che si genera attraverso la conversazione allucinatoria con se stessi, osservandosi da una prospettiva esterna.
Assemblando filmati POV, immagini in HD e tecnologie di registrazione ispirate ai sensori ottici per le videocamere digitali, in una resa lirica della vastità e del vuoto sulla materia fisica, la sequenza narrativa torna inesorabilmente al grado zero di disorientamento delle certezze; la riflessione sugli elementi fondamentali del medium visivo lascia gradualmente spazio all’espressione poetica, così come le frasi si perdono nei respiri e nella musica di Aircode.
Gli ambienti domestici, lussuosi ma freddi e stranianti, forniscono il terreno per l’alterazione dei diversi stati di coscienza.
Un approccio diluito a temi sub-horror in cui il punto di accesso all’espressione è garantito da dispositivi semplici di cattura dell’immagine che lo rendono una piattaforma distribuita per la comunicazione e una messaging-board estranea agli episodi narrativi standardizzati.
Music excerpt: Aircode
EXTRACTIVE VISIONS
Kate Crawford
L’intelligenza artificiale può sembrare una forza spettrale o una computazione disincarnata, ma è costituita da infrastrutture fisiche che stanno rimodellando la Terra, modificando allo stesso tempo il modo in cui il mondo è visto e compreso.
Adottando una visuale in soggettiva che rimanda alla grafica degli scenari virtuali open-world, Extractive Visions esplora le ambientazioni CGI di un deserto, di una sala server e di un laboratorio informatico, dove l’elemento ricorrente e simbolico della sabbia evoca le simulazioni sandbox, nelle quali il giocatore dispone di strumenti per modificare il mondo, se stesso e le modalità di gioco
La voce dell’autrice Kate Crawford accompagna l’attraversamento delle ambientazioni, dove le brevi interruzioni delle immagini coincidono con visioni rivelatorie, flash subliminali che mostrano i luoghi strategicamente rimossi nell’immaginario collettivo, quasi accedendo all’inconscio dello spazio tecnico.
Testo estratto da “Atlas of AI: Power, Politics, and the Planetary Costs of Artificial Intelligence” (Yale, 2020)
Video e colonna sonora: Francesco Tosini
CGI: Francesco G. Gagliardi
EXHAUSTION
Elizabeth Diller
L’atto di rendere visibile l’invisibile guida gran parte del lavoro dello studio di Elizabeth Diller. In risposta allo stimolo fornito dal progetto Finite Rants, l’autrice ha scelto di rendere tangibile la crisi di natura duplice che ha segnato il 2020. Il saggio visivo Exhaustion quantifica e spazializza l’intersezione di una resa dei conti razziale e medica.