Un film di Chantal Akerman
1996
Béatrice, una ballerina parigina, scambia il proprio appartamento con Henry, uno psicoanalista egoista di Manhattan. Béatrice si trasferisce facilmente nella casa di Henry, mentre il dottore si abitua con difficoltà all’appartamento vivace della ballerina. La mancata corrispondenza dimostra chiaramente che i due sono destinati a innamorarsi.
FAILURE FACTS
“Che strana storia questo film. L’ho scritto perché l’attrice Juliette Binoche mi ha chiesto di pensare per lei a una commedia. Ho iniziato a scrivere la sceneggiatura quando mio padre era molto malato e in punto di morte. Come se avessi potuto evadere da quel dolore solo scrivendo qualcosa di divertente e leggero. In fondo la maggior parte delle barzellette ebraiche nascono da un dolore insopportabile”. La regista, sceneggiatrice e artista belga Chantal Akerman (1950-2015) ha così spiegato le origini di “Un divan à New York”. Uno dei modelli di questa originale commedia romantica è il cinema di Ernst Lubitsch, ma, secondo Variety, “questa combinazione senza vita, per lo più girata in studio, di amore e psicoanalisi, raramente fa un passo nella giusta direzione”. Il film non ha ricevuto un riscontro entusiasta da parte della critica e del pubblico, dal momento che Akerman e i due protagonisti, Juliette Binoche e William Hurt, sono stati considerati inadatti a gestire sia l’aspetto comico che quello romantico del film. Da allora la regista ha criticato i suoi attori per non averla aiutata a promuovere il film, dopo i primi problemi di accoglienza e distribuzione.
La carriera artistica di Chantal Akerman si è intrecciata con il movimento femminista, sia per i temi rappresentati sia per le modalità espressive che hanno caratterizzato le sue opere dal suo primo lungometraggio “Hotel Monterey” (1972) fino all’ultimo lavoro “No Home Movie” (2015). Fin dagli esordi il suo cinema è stato esigente, essenziale ed intensamente politico. Akerman è una figura unica tra i cineasti della sua generazione. Ha compiuto un percorso rigoroso e coerente e, attraverso la scelta dell’inquadratura, il piano-sequenza, lo sguardo sulla fisicità e sui corpi messi in scena, il trattamento del tempo filmico, ha contribuito a tracciare la mappa di un nuovo linguaggio espressivo. Il film più significativo della regista belga, “Jeanne Dielman, 23 Quai du Commerce, 1080 Bruxelles” (1975), è stato definito dal New York Times come “il primo capolavoro del femminile nella storia del cinema”. Il film fa uno studio ipnotico, in tempo reale, della routine soffocante di una vedova di mezza età tra faccende domestiche e prostituzione.