Alba. Catturare il fugace momento che separa la notte dal giorno. In meno di un’ora tutto cambia. Il mondo dormiente si sveglia.
Il cantiere apre le sue porte. Gli operai lentamente si avviano verso il cancello. Il movimento inizia.

Dal rumore, dalla polvere e dal frastuono, il distillato di un attimo di silenzio e di contemplazione, per scindere l’individuo dall’anonimato del cantiere e preservare la memoria dell’uomo che si cela dietro il suo duro lavoro.

La giornata sta finendo. Gli operai si allontanano dalla “Haunted house” dorata lasciando dietro di loro alcuni oggetti, abbandonati casualmente negli spazi vuoti. Avvolti dal silenzio, questi strumenti si trasformano in readymades. Ne scaturisce un’evocazione del futuro di questi spazi espositivi.

Nella confusione di un cantiere, dove tutto è perpetuo movimento e trasformazione, di tanto in tanto e per qualche istante solamente le immagini si fissano da sole. Decontestualizzate, il loro potere evocativo si espande.

Luce, ritmo, sequenza e gamma. Lo spazio, animandosi, intona la propria armonia astratta e lascia cantare il mistero.

Malgrado tutti gli strumenti che l’uomo riesca ad inventare per essere più forte, scavare più profondo, salire più in alto e oltrepassare i propri limiti, il più piccolo denominatore e il più indispensabile dei mezzi resta sempre la mano.

Nell'oscurità della futura sala cinematografica, un saldatore è al lavoro. Le luci proiettate sul muro annunciano la fragile magia dell’immagine che illuminerà questo spazio. Una visione delle origini arcaiche del cinema...

Attraverso un’attenta osservazione del microcosmo del cantiere, dove tutto è gestualità e azione, si può leggere ogni singolo gesto come un movimento all'interno di una sinfonia collettiva.

Il cantiere, deserto e silenzioso, si riposa durante la pausa pranzo. Un raro momento nella frenesia degli ultimi giorni di lavoro prima dell’apertura ufficiale.

Attraversando un corridoio di luce, le silhouette trasformano le impalcature in cattedrali di metallo.

Un inconsueto dialogo temporale fra le sagome spettrali delle statue, fissate nella loro antica immobilità, e la vitalità dei corpi in movimento.

Quando l’architettura diventa palcoscenico, Jacques Tati non è mai lontano...

Passeggiando fra i ricordi, l’ex-proprietario dello stabilimento ci guida nella sua vecchia casa. Il sito, nato come distilleria, ha successivamente ospitato un importante deposito merci connesso alla ferrovia adiacente. Il futuro museo ascolta il proprio passato.

Installazione dell’opera “Lost Love” (2000) di Damien Hirst. Un surreale dialogo muto.

Polvere d’oro dalle ultime rifiniture sulla “Haunted House”.